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20 febbraio 1920. Cento anni dalla morte dell’esploratore polare Robert Peary

Filiberto Ciaglia

Peary_PortraitRobert Edwin Peary rappresenta una tra le più celebri e controverse figure d’esploratore nella storia delle scoperte geografiche. La Società Geografica Italiana custodisce volumi, cartografie, documenti d’archivio e fotografie relativi all’esploratore, di cui si celebra il centenario della morte.

Nacque nel 1856, e i suoi primi viaggi artici a partire dagli anni ’80 del XIX° secolo coincisero con l’accelerazione più frenetica della corsa al polo nord geografico, che già dal ‘500 occupava le menti degli esploratori cresciuti nel Vecchio Mondo. Peary, tuttavia, era figlio del Nuovo.

Cresciuto a Cresson, in Pennsylvania, entrò a far parte della marina statunitense nel 1881 e appena cinque anni dopo assaggiò l’estremo settentrione con una prima impegnativa impresa, perlustrando la parte occidentale della Groenlandia in compagnia di un funzionario del governo danese e di due nativi. Nel 1887, quando per conto della marina si trasferì in Nicaragua per predisporre la realizzazione di un canale aggiuntivo a quello di Panama, conobbe Matthew Henson, che l’avrebbe accompagnato in sei viaggi nell’arco di vent’anni divenendo il più grande esploratore artico afroamericano. Della squadra che esplorò nuovamente la Groenlandia nel 1891 facevano parte anche la moglie Josephine, per l’appunto Henson, alcuni nativi ed il fisico ed esploratore Frederick A. Cook, futuro antagonista nell’attribuzione del primato per il polo. La spedizione raggiunse l’estremità nord orientale groenlandese nonostante un incidente alla gamba abbia seriamente rischiato di porre fine alla traversata. Il viaggio permise all’esploratore di provare in definitiva l’insularità della Groenlandia, di studiare alcune tra le più isolate tribù eschimesi e di maturare, infine, l’idea delle esplorazioni che nel corso del decennio presero il via proprio dall’isola, concepita quale avamposto ultimo per il raggiungimento del polo. Le spedizioni che si avvicendarono a cavallo tra i due secoli perfezionarono la conoscenza delle coste nord groenlandesi e della Terra di Ellesmere.  A tal riguardo, la Società Geografica Italiana custodisce il dattiloscritto del testo della conferenza tenuta al Peary Arctic Club di New York nel novembre 1903, corredato di fotografie originali.  E’ però nel 1906 che fu raggiunto il primato degli 87° 06’, che a soli 320 km di distanza dal polo rappresentava il punto più a nord mai raggiunto dall’uomo battendo il precedente record stabilito dalla spedizione italo-norvegese al comando di Luigi Amedeo di Savoia Duca degli Abruzzi. Vent’anni di esplorazioni tra Groenlandia e Canada Artico condussero Peary al viaggio del 1908, organizzato attraverso un’accurata pianificazione della traversata e proiettato al raggiungimento del polo, cercando di ridurre il più possibile i rischi. In compagnia della sua squadra, che contava altresì 50 eschimesi e 250 cani da slitta, l’esploratore scelse Cape Columbia come punto di partenza, il capo più a nord della Terra di Ellesmere. L’attraversamento del pack procedeva tramite l’apertura di vie nei punti più complessi mediante piccozze, giacché spesso le slitte si imbattevano in vere e proprie pareti di ghiacci incastonati da dover oltrepassare. Scrisse nel suo diario d’aver raggiunto il polo il 6 aprile del 1909, ma si tenga presente che era l’unico del gruppo ad avere un bagaglio culturale geografico. Quando il Congresso degli Stati Uniti dovette votare per l’attribuzione del primato, giacché Frederick Cook sostenne una propria ed antecedente conquista poi smascherata e sommata ad altri resoconti mendaci del passato, l’esito a favore di Peary fu schiacciante. Da quell’anno fino ai giorni nostri, il dibattito attorno alla veridicità della conquista si è arricchito di numerose ipotesi e analisi da parte di storici e scienziati, finanche predisponendo una spedizione che ripercorresse l’itinerario con i medesimi strumenti. La maggior parte degli studi è concorde nell’attribuire a Peary uno sfioramento del polo nord geografico, con una distanza dal punto esatto dell’ordine di diverse miglia.

Ciononostante, e non è un caso isolato nella storia delle scoperte geografiche, ad oggi la letteratura riconosce in Robert Edwin Peary la fine della grande epopea artica, dalla quale prese avvio una nuova e differente fase esplorativa del polo. Cambiarono i mezzi, le velocità e, a lungo andare, gli obiettivi.

Fra le onorificenze ricevute dall’esploratore si annovera anche la medaglia d’oro di Re Umberto, conferita dalla Reale Società Geografica Italiana.