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Ranulph Fiennes, avventuriero ed esploratore moderno

Marco Pasquali

profile-picSir Ranulph Fiennes è un nome che a noi italiani dice poco. Eppure è il più grande esploratore vivente e come tale è registrato nel Guinness; tiene conferenze, è presente su Youtube con i suoi filmati, ha un sito ufficiale e una pagina Facebook; è un sincero ecologista, finanzia la ricerca sul cancro e ha scritto venticinque libri, di cui uno solo tradotto in italiano (Killer élite, 2011).

Dopo aver servito nell’esercito inglese, Fiennes fin da giovane ha intrapreso numerose spedizioni geografiche, in questo aiutato da sua moglie e dai suoi ex-commilitoni. Tenace organizzatore, ha impiegato anche anni interi per trovare i fondi per le sue spedizioni, interamente coperte da sponsor e istituzioni scientifiche. “Ran” è stato il primo a visitare sia i poli Nord e Sud con mezzi di superficie e anche il primo ad attraversare a piedi l’Antartide. Ha corso sette maratone e scalato la parete nord dell’Eiger, ostica vetta svizzera delle Alpi Bernesi. Non contento, nel maggio 2009, all’età di 65 anni, ha scalato la cima dell’Everest. Infine, nel 2015 ha partecipato alla Marathon des Sables, percorrendo 256 km in mezzo al deserto in soli sei giorni.

Ma andiamo per ordine.

cta-booksNel 1969, da militare, insieme a una squadra di commilitoni risale il Nilo Bianco (4000 km) con due hovercraft. L’anno dopo guida un’avventurosa spedizione in Norvegia sul ghiacciaio Jostedalbreen. Dal 1972 insieme a sua moglie Ginny decide di vivere per sempre da esploratore e tra il 1979 e il 1982 compie insieme a due SAS (gli incursori inglesi) un’impresa unica e mai ritentata in seguito: la Transglobe Expedition, il primo giro del mondo in verticale da un Polo all’altro, attraversando l’Africa e usando solo mezzi di terra. Purtroppo – è lui stesso a dirlo – all’epoca non c’era la copertura dei mass media come oggi, per cui l’impresa non ha l’eco che merita e diviene famosa quando ormai stavano già forzando il Passaggio a Nord-Ovest in senso orario, dirigendosi verso la Norvegia. Fiennes e i suoi hanno percorso 2.600 miglia nautiche (4.800 km circa) in un battello aperto, record anche questo insuperato. Nel 1992 scopre in Oman – dove aveva combattuto come SAS – l’antica città di Iram: non è un archeologo, ma ha un forte senso del terreno e sa interpretare le foto aeree.

cold-9781471127847_hrNel 1993, sotto stretto controllo medico, è il primo uomo a traversare l’Antartide a piedi, per 93 lunghi giorni. Ci riprova nel 1996, ma viene evacuato d’urgenza per un attacco ai reni e non riesce a terminare l’impresa. Nel 2000 è il turno del Polo Nord, sempre da solo e senza supporti. L’Artide è purtroppo diversa: più instabile il terreno, tra banchise e mare aperto. Le slitte affondano e per spingerle fuori dall’acqua si rischia il congelamento degli arti, e infatti “Ran” deve a un certo punto ritirarsi e amputare la necrosi di alcune falangi. Nel 2003, nonostante abbia avuto un infarto e vada in giro con due bypass, compie un’altra impresa estrema: sette maratone in sette giorni in sei continenti. Due anni dopo però non riesce a completare l’ascesa dell’Everest: al campo base è colto da un altro infarto.

Ma non demorde: nel 2007 scala la parete nord dell’Eiger, in Svizzera, nota quanto quella del Cervino per la difficoltà. Nel 2008 ci riprova con l’Everest, giungendo a 400 metri dalla vetta e rinunciando per il mortale brutto tempo. Con queste due scalate tardive – ormai ha 65 anni – raccoglie quasi due milioni di sterline attraverso gli sponsor, che devolve totalmente al Marie Curie Cancer Care Delivering Choice Programme: l’amata moglie Ginny era morta di cancro e da quel giorno lui finanzia la ricerca. L’ultima impresa è organizzata nel 2012: The Coldest Journey, la traversata a piedi dell’Antartide in inverno (australe), a partire dal 21 marzo 2013, insieme ad altri cinque compagni. Il 25 febbraio 2014 però la spedizione viene evacuata per le inumane condizioni ambientali. Come si vede, Fiennes è ardito ma non incosciente.

heat-9781471137976_lgE oggi? Ormai “Ran” si dedica solo a scriver libri e a tener conferenze nei paesi anglofoni. Peccato che il più grande esploratore vivente del mondo sia poco noto in Italia, a parte qualche raro articolo su di lui (uno ovviamente su National Geographic). Benvenga dunque l’interesse da parte della Società Geografica Italiana, istituzione in grado di divulgarne l’opera. Da parte mia sto promuovendo la traduzione di almeno alcuni suoi libri: l’autobiografia scritta nel 2007 è un intrigante diario di avventura e divulgazione scientifica: Mad, Bad & Dangerous to Know (Pazzo, cattivo e pericoloso). Ma è da leggere anche Fear. Our ultimate Challenge (La Paura, nostra sfida suprema), uscito nel 2017 e più che mai attuale. In più consiglio gli studi che l’autore ha fatto su altri esploratori polari, soprattutto sul capitano Scott e la sua tragica spedizione: Captain Scott: a Biography. Fiennes anche in base alla propria esperienza ha analizzato e corretto molte informazioni errate su Scott e il libro è stato dichiarato dal Times “la migliore biografia del 2003”.

Che Fiennes sia un attento studioso delle vite e delle imprese di altri esploratori non deve stupire: empatia a parte, questo gli permette una sistematica analisi dei dati disponibili e anche degli errori altrui. I più comuni? Scarsa preparazione fisica e scientifica, ma soprattutto ostinarsi a procedere in condizioni ambientali proibitive. Fiennes invece in simili frangenti evita il rischio: è stato capace di rimandare o annullare l’impresa, o di allungar la marcia da un valico più facile. Ha spesso rischiato la vita, ma non è un incosciente e in Fear così scrive:

dobbiamo avere paura, essere coscienti del pericolo, altrimenti è temerarietà, che non garantisce la sopravvivenza.

Anche se riconosce il ruolo della Fortuna, in realtà è un rigoroso pianificatore, un duro ex-militare capace di selezionare i compagni di spedizione fra migliaia di candidati e di sottoporsi con loro a continui allenamenti prima di iniziare una spedizione. Ormai non si separa più da GPS, navigatore satellitare e telefono satellitare, mentre fino a pochi anni fa usava solo bussola, sestante e tavole di effemeridi. Anche le mappe sono cambiate: ormai tutte fotografiche e digitali e accessibili in rete. “Ran” è anche un umorista, da buon inglese: pagato per scrivere il diario di una spedizione polare, non sa più che inventarsi: c’è solo il bianco del ghiaccio e della neve, e meno male! Variazioni di colore in Antartide significano crepacci, in Artide mare aperto. Testimone dei fenomeni associabili ai recenti cambiamenti climatici, è anche per questo un sincero ecologista.

Bibliografia

Infine, quali dei 25 libri di sir “Ran” consigliare?

Intanto la sua autobiografia Mad, Bad and Dangerous to Know (2008); il già citato Fear: Our Ultimate Challenge (2016); poi To the Ends of the Earth: The Transglobe Expedition, the First Pole-to-pole Circumnavigation of the Globe (1983) e poi ancora Cold: Extreme Adventures at the Lowest Temperatures on Earth (2013) e infine le biografie del capitano Scott e di altri esploratori polari: Race to the Pole: Tragedy, Heroism, and Scott’s Antarctic Quest (2005).

Le fotografie sono state gentilmente concesse dal sito ufficiale di Ranulph Fiennes