Annibale Damiano
Filiberto Ciaglia
Nel suo vastissimo patrimonio cartografico, la Società Geografica Italiana custodisce una carta straordinaria relativa alle rovine della antica città di Babilonia, che rappresenta la fase conclusiva delle più accurate osservazioni condotte da membri della marina britannica. Tra il 1860 e il 1865 il comandante W. Beaumont Selby, i luogotenenti Collingwood e Bewsher raccolsero una vasta mole di dati che incorporò precedenti osservazioni svolte dal capitano Felix Jones, anch’egli della East India Company. Tutto il materiale confluì in questa mappa pubblicata nel 1885 dal titolo Surveys of Ancient Babylon and the surrounding ruins with part of the rivers Tigris and Euphrates, the Hindiyeh Canal, the Sea of Nejf, and the Shat Atshar, la migliore carta geografica fino ad allora prodotta sulla città antica e i suoi dintorni.
L’interesse per il mondo mesopotamico parte proprio dalla conoscenza dei nomi delle antiche città tramandate dai geografi arabi, come Babil (Babilonia). Per sentirne parlare ancora, si dovettero attendere i viaggi di Rabbi Beniamino di Tudela che tra il 1160 e il 1173 visitò i resti dell’antica città menzionando il palazzo di Nabucodonosor e la biblica Torre. Il suo resoconto fu pubblicato solo nel 1543, quando i viaggi europei in questa parte di territorio si erano intensificati anche per motivi commerciali. Grazie a queste traversate si poté accertare con più precisione la posizione non solo dell’antica città, ma anche dei suoi monumenti più importanti.
Pietro Della Valle nel 1616 descrisse con cura i resti della città di Babil identificandola con Babilonia, registrando le prime operazione di scavo archeologico nella regione e portando alla luce molti reperti, che giunsero successivamente in Italia diventando le prime testimonianze in Europa del mondo mesopotamico che tuttavia non riscossero il successo sperato.
La seconda metà del Settecento riaccese l’interesse per questa zona grazie ai lunghi viaggi di uomini facoltosi favorendo così la nascita della ricerca archeologica moderna Nel 1784 partirono nuovi scavi i cui materiali riportati dall’esploratore André Michaux (come il Sasso di Michaux) destarono stupore in tutta Europa. Dal 1800 iniziarono le operazioni della East India Company che recuperò parecchio materiale, oggi esposto al British Museum. L’Inghilterra fu particolarmente attiva in questa area, aprendo molti scavi in contrapposizione a quelli francesi in Egitto, mantenendo il controllo delle vie per l’India. Claudius James Rich, James Silk Buckingham e successivamente Hormuzd Rassam approfondirono lo studio sulla città riportando alla luce reperti epigrafici e artistici importanti. Queste nuove scoperte storiche e archeologiche si intrecciarono con le politiche delle potenze europee che strumentalizzarono i traguardi archeologici come nuovi mezzi di espressione di potere. Al contempo si registrò una evoluzione delle tecniche di scavo archeologico, non più effettuato da appassionati e diplomatici, ma da tecnici e professionisti del settore.
La riscoperta e l’arricchimento delle conoscenze geografiche riguardanti Babilonia e, in esteso, la regione mesopotamica, si inscrive in un quadro ottocentesco di riscoperta di città e civiltà antiche attraverso un’esplorazione via via sempre più scientifica: si pensi al raggiungimento dei siti Maya nella Penisola dello Yucatan, o alla corsa alla città mitica di Eldorado nell’ancora ignoto entroterra amazzonico.
Nonostante i reperti già scoperti, molti dei quali portati dagli inglesi stessi nella madrepatria e confluiti nel mare magnum archeologico del British Museum londinese, la città di Babilonia non smette di esercitare il proprio fascino su studiosi e ricercatori contemporanei.