
La musica come geografia: suoni, luoghi, territori
(a cura di) Elena dell’Agnese Massimiliano Tabusi

Brano dall’Introduzione
Il fatto che la musica possa portare con sé un messaggio culturale o politico è indubbio. Non solo le parole e i testi possono diventare l’inno di un partito o di un movimento o, alternativamente, possono esprimere dissenso politico, in modo diretto o indiretto, ma persino la scelta di un linguaggio espressivo invece di un altro nel testo di una canzone può funzionare nella stessa direzione (come avviene se si sceglie di cantare in una lingua minoritaria, invece che nella lingua nazionale o nell’imperante inglese: si veda, in proposito, Berger e Carrol, 2003). Oltre alle parole, anche il modo di articolare la voce, la scelta dello stile compositivo, degli strumenti, o dell’arrangiamento possono essere associati ad una narrazione nazionale o transnazionale, o ad una determinata adesione identitaria, possono assumere una connotazione estetica, o costruire un senso di appartenenza. La musica è un invito a stare insieme (in un locale dove si suona, ad un festival o ad un concerto), ma è anche un prodotto dell’industria culturale e come tale contrassegna il territorio di reti e relazioni. Inoltre, la musica è ovunque, inonda ogni tipo di spazio pubblico, come gli ascensori, i supermercati, i taxi, i ristoranti, in alcuni casi persino le vie delle città; anche se non è pensata per veicolare uno specifico messaggio, entra nel soundscape della quotidianità (Smith, 1994) e riesce talora a costruire una connessione indelebile fra paesaggi simbolici, spazi di vita e memoria…………
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