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Alla scoperta della Grotta di Fingal

Filiberto Ciaglia

Viaggio in Scozia di Giotto Dainelli. Alla scoperta della Grotta di Fingal: una caverna musicale tra le Ebridi Interne

Giotto Dainelli

La figura di Giotto Dainelli, geologo, geografo ed esploratore, è per i più associata alle grandi spedizioni in Karakorum, Himalaya, Africa Orientale. Tuttavia la sua frenetica vita di scopritore presenta pagine di traversate minori, delle quali rimangono sparuti articoli su vecchi periodici e nitide fotografie custodite dall’Archivio fotografico della Società Geografica Italiana. Tra queste avventure figura il viaggio in Scozia del 1902, quando da fresco neolaureato ventiquattrenne partì alla volta di Oban, piccolo porto affacciato sull’Atlantico, per imbarcarsi alla scoperta dell’arcipelago delle Ebridi Interne.

Grotta di Fingal (fotografia di Alex Robinson)

Volgendo lo sguardo verso l’entroterra, da Oban si scorgono alcuni dei picchi delle Highlands, una delle catene più antiche del mondo che il geologo descrisse in brevi osservazioni prima di prendere il largo verso l’arcipelago. A largo gli parve di «navigare lungo la costa di Dalmazia o tra le infinite isole del Mar Egeo» (Dainelli, 1922, p. 307), mentre si spingeva verso sud lontano dalle rotte normalmente percorse dai piccoli vapori da turismo. Oltrepassate le coste meridionali dell’Isola di Mull, coperte da pascoli verdi e ripe rocciose nude a strapiombo sulle acque, Dainelli scorse l’isola di Iona con le «minuscole casette dei pescatori» e i celebri ruderi del monastero fondato da San Columba nel VI secolo d.C.

Grotta di Fingal (Thomas Pennant, 1774)
L’ingresso della grotta di Fingal (fotografia di Giotto Dainelli)

Quando l’esploratore notò all’orizzonte l’isola di Staffa, la sua e la reazione dei restanti membri dell’equipaggio fu d’assoluta meraviglia. «Ecco apparire, sul dinanzi della prora, qualche cosa come un grande mostro nerastro, appena appena affiorante dalle acque del mare» (Dainelli, 1922, p. 307). L’isola ha una forma allungata e presenta un forte contrasto tra le coste basse del nord-est e quelle strapiombanti a meridione, ove delle insenature straordinarie creano dei veri e propri tunnel che sembrano condurre verso un altrove indefinito raggiungibile dalle viscere di quella piccola terra. Le prime rappresentazioni di Staffa, scoperta da Joseph Banks (amico e compagno di viaggio del celebre James Cook) nel 1772, risaltano proprio la maestosità dei suoi ingressi naturali, il più imponente dei quali prende il nome di “Grotta di Fingal”. Lunga 70 metri, alta 20 e larga 13 all’ingresso, porta il nome di un eroe della tradizione antica e i pescatori erano soliti chiamarla “Caverna musicale”, giacché il mare agitato irrompendo tra le pareti del tunnel produceva e produce ancora oggi boati che risuonano dintorno, «che si sentono come brontolii sordi di tuoni lontani fino nell’isola di Mull», e «come note di un organo leggermente toccato escono dalla porta di un tempio e par che cerchino la via del cielo» (Dainelli, 1922, p. 312).


Riferimenti bibliografici:

Dainelli G., La grotta di Fingal, in «La Terra e la Vita », I (1922), pp. 306-312.
Maclean J.P., An Historical, Archaeological and Geological Examination of Fingal's Cave in the Island of Staffa, Cincinnati, Robert Clarke & Co., 1890.
Clubley R., Scotland’s Islands. A special kind of freedom, Edimburgo, Luath Press, 2014.