di Marco Perisse
Navigatore, geografo, esploratore e missionario italo-spagnolo, Carlos Cuarteroni potrebbe anche essere l’uomo al quale si ispirò Salgari per il personaggio di Sandokan. Per il ciclo dei pirati della Malesia, lo scrittore setacciò forse i resoconti arrivati in Italia di Carlos Cuarteroni Fernández.
È questa l’ipotesi avanzata qualche anno fa dalla storica spagnola Alicia Castellanos Escudier, convinta che fu la vita di Cuarteroni a ispirargli la figura del pirata dei mari del Sud e la sua lotta con le autorità coloniali inglesi nonché Marianna “perla di Labuan”[1].
Cuarteroni visse mezzo secolo prima di Salgari, sicché lo scrittore veronese – che mai era stato per mare né fuori dall’Italia – avrebbe effettivamente potuto elaborare le sue memorie, tanto che alcune suggestioni paiono solidi indizi. Nel 1885 Emilio Salgari – che aveva iniziato la pubblicazione a puntate sulla testata “La Nuova Arena” de La Tigre della Malesia – sfida e ferisce a duello il giornalista Giuseppe Biasoli che aveva rivelato essere inventata la biografia marinara del collega.
In quegli anni le diatribe politico-giornalistiche non si limitavano a duelli di penna, ma spesso proseguivano con autentiche disfide fioretto alla mano. I quotidiani liberal-monarchici (l’“Arena” e la più moderata “La Nuova Arena”) erano spesso in contrasto con il radicaleggiante “L’Adige”. In questo clima si consumò il leggendario duello tra Salgari, giovane cronista dell’“Arena”, e Biasioli pubblicista dell’“Adige”. Salgari era poco propenso ad accettare la sfida a sangue di Biasoli – a sua volta fermo nelle proprie ragioni – perché era un abile schermidore e uno sportivo praticante. In seguito i due, entrambi appassionati di giornalismo e letteratura, si trovarono per un periodo a lavorare insieme all’”Arena” e divennero amici[2]. All’epoca del duello, nel 1895, Cuarteroni era morto da cinque anni. Le sue avventure potevano dunque essere note da tempo a Salgari. Cuarteroni sì, quei mari del Sud-est asiatico li aveva navigati in lungo e in largo da capitano, riuscendo anche a metter le mani su un favoloso tesoro sommerso, così scrivendo una vera storia da romanzo ottocentesco in cui si intrecciano frontiera e avventura, esplorazione geografica e idealismo.
Carlos Cuarteroni Fernández era il quarto dei nove figli di Giovanni Quarteroni, italiano nativo probabilmente della Val Brembana bergamasca, giunto da Genova a Cadice, e della andalusa Ramona Fernández, nata a Sanlúcar de Barrameda sull’Atlantico. Il porto di Cadice é nella prima metà dell’Ottocento lo scalo di armamento per le colonie spagnole d’oltremare. Giovanni, sulla scia di un’antica tradizione di mercanti e armatori italiani portatisi da Genova in Andalusia quale base più prossima ai viaggi d’oltremare, aveva un fondaco di rifornimento delle navi in partenza verso l’America e le Filippine. Il figlio Carlos, nato nel 1816, dava una mano nell’azienda di famiglia. Nel 1829 Cuarteroni – secondo la grafia spagnola e noto in Spagna col nome ispanizzato Cuarteron – si iscrive alla scuola per piloti nautici, che lo imbarca apprendista su una nave diretta a Manila passando per il Capo di Buona Speranza dal momento che non esiste ancora il canale di Suez, il quale, realizzato da Ferdinand de Lesseps su progetto dell’ingegnere italiano Luigi Negrelli, sarà inaugurato il 17 novembre 1869. I viaggi sulla rotta aperta tre secoli prima da Vasco da Gama sono lunghissimi e si fanno ancora con vascelli a vela, una scuola marinara di primissimo ordine alla quale si istruisce quindi il giovanissimo Carlos che dopo qualche anno prende la patente di capitano in seconda.
Al comando di un brigantino viaggia tra le Filippine, Hong Kong e Singapore. Nel 1841 ha la licenza di comandante di una nave di 400 tonnellate, ma l’anno successivo compra una goletta cui dà il nome Martiri del Tonchino che segnala di già la vocazione che lo farà poi missionario. Ma per il momento si dedica a cose più prosaiche e materiali come la pesca di perle con un equipaggio filippino, forse per dissimulare il segreto scopo della caccia a un favoloso tesoro sommerso. Cuarteroni confida sulla propria esperienza per trovarlo coi rudimentali mezzi dell’epoca, perlopiù limitati allo scandaglio, all’osservazione e all’immersione in apnea per scrutare de visu i fondali.
I particolari sono rimasti semisconosciuti per decenni, vuoi in ragione della difficoltà di ricerche archivistiche su una vita trascorsa per la gran parte nei mari orientali, vuoi per le diverse fasi dell’esistenza del capitano italo-spagnolo, quella di avventuriero prima e quella successiva di esploratore e missionario. Ad accendere un cono di luce sulla traiettoria esistenziale di Cuarteroni é nel 1998 la scoperta del suo testamento da parte della Castellanos che si dedica, a partire da lì, a illuminare tanti aspetti rimasti in ombra sulla sua figura. La storica spagnola immagina che Cuarteroni fosse al corrente del naufragio della Christina, nave inglese colata a picco con un carico d’argento sulla rotta Macao-Bombay. È l’epoca del traffico di oppio – la Gran Bretagna per aprire i porti cinesi combatte due “guerre dell’oppio” – la nave lo trasporta dall’India per tornare indietro col ricavato in metallo prezioso che paga le forniture. Cuarteroni, che é un marinaio di grande perizia, si mette a cercare il tesoro sommerso per oltre un anno finché lo trova nel 1844 nei pressi del London Reef, parte delle Spratly, ultimamente note per i contenziosi internazionali tra più Paesi asiatici sulla miriade di atolli e isolotti del mar Cinese meridionale. Anzi é Cuarteroni a esplorare per primo questi scogli affioranti tanto che hanno preso il suo nome, Cuarteron Reef, oggi conosciuti appunto come un epicentro dei contenziosi. E’ Cuarteroni comunque a estrarre da quei fondali il tesoro che vi giace affondato: si dice un carico di 6 tonnellate d’argento per l’equivalente di decine di milioni di euro odierni. A soli 28 anni é diventato ricchissimo. Potrebbe tornare a Cadice a fare la bella vita e contemplare l’oceano dalla veranda di una lussuosa mansione per il resto dei suoi giorni. Invece rimane nei mari che Salgari renderà familiari a un enorme pubblico.
A livello geopolitico, si confrontano nell’area due colonialismi, britannico e spagnolo. Cuarteroni deposita il tesoro ad Hong Kong, non a Manila dove teme di esser tenuto d’occhio da agenti spagnoli. Propone agli armatori, di base in India, la restituzione di parte del tesoro trovato alle coordinate, che lui stesso rivela, 118º 55″ 03 e 8º 51″ 13. Ma a quanto pare i proprietari, pur ringraziando, non sono ansiosi di farsi avanti, forse per qualche ombra circa la legalità del traffico o del carico. Fatto sta che Cuarteroni resta in possesso del tesoro e può dedicarsi all’esplorazione geografica: corregge la cartografia delle coste del Borneo in maniera pressoché definitiva; è il primo a descrivere le coste di Labuan, ma anche le etnie che abitano l’entroterra e i loro costumi. Oltre alla indiscutibile perizia marinaresca e cartografica, mostra di essere un attento e sensibile osservatore delle popolazioni che abitano isole sulle quali gli europei difficilmente mettono piede. Ne esce un resoconto geo-etnografico che invia a Roma perchè vuole convincere il Papa ad aprire una missione in quelle terre: è impressionato e addolorato dalla tratta di schiavi catturati e trasbordati dai pirati nello scenario di forze rievocato dallo storico inglese Mike Gibby: tra traffico di esseri umani e pirateria, sultanati e poteri coloniali[3], Cuarteroni emerge come un paladino che usa la propria fortuna per liberare schiavi, fare opere pie, intercedere con le autorità. La molla del suo impegno é proprio la repulsione che gli provoca il traffico di esseri umani in quei mari. E perora questa vocazione presso Roma dove la sua traccia diaristica potrebbe aver messo sull’avviso Salgari. Lo scrittore veronese avrebbe avuto contezza di quel mondo lontano osservandolo “dalle quinte”, ovvero attraverso la Spiegazione e traduzione dei XVI Quadri delle isole e coste visitate da Cuarteroni – Borneo, Celebes, Mindanao – redatta nel 1855 e oggi conservata presso il Museo missionario di Propaganda Fide a Roma, nel 2010 editata per i tipi di Nabu Press[4].
La descrizione della nipote del governatore inglese (ispirò la “perla di Labuan”?), la località della costa settentrionale del Borneo da cui deriva il nome di Sandokan, la localizzazione in Labuan, la dettagliata cronaca delle tempeste potrebbero essere indizi che Salgari conosceva vita e diari di Cuarteroni, il quale nel 1857 fu nominato primo prefetto apostolico di Labuan e Borneo. A 64 anni la sua fortuna materiale era svanita. Cuarteroni era ora l’Apostolo del Borneo. Alla morte di Pio IX, Cuarteroni ormai prossimo alla fine viaggia a Roma dove incontra il successore Leone XIII per poi terminare l’esistenza terrena nel 1880 a Cadice dove nella cripta della cattedrale sono sepolte le sue spoglie mortali. Nel 1883 veniva alla luce Sandokan, il celeberrimo personaggio di Salgari. Ma solo negli ultimi tempi é stato possibile ricomporre le varie tessere del mosaico della vita leggendaria e poliedrica di Cuarteroni – avventuriero ed esploratore, geografo e missionario – soprattutto grazie ad Alicia Castellanos – “imbeccata” dalla scoperta del testamento di Cuarteroni nel 1998 in un archivio di Cadice – e alle ricerche di Mike Gibby. E, con la ricomposizione del quadro della sua esistenza, é emersa anche la pista che vi sia Cuarteroni all’origine dell’ispirazione che sollecitò Salgari a dare vita a una delle più popolari saghe del romanzo d’avventura.
[1]Alicia Castellanos Escudier. Cuarteroni y los piratas malayos (1816-1880). Silex 2004.
[2]Claudio Gallo, Giuseppe Bonomi. Giuseppe Biasioli: giornalista, duellante e amico di Salgari, “Ilcorsaronero”, n. 26, novembre 2008
[3]Mike Gibby. Crowned with the Stars – The Life and Times of Don Carlos Cuarteron, First Perfect of Borneo 1816-1880. Diocese of Kota Kinabalu, Kota Kinabalu 2005.
[4]Carlos Cuarteron y Fernandez. Spiegazione E Traduzione Dei XIV Quadri Relativi Alle Isole Di Salibaboo, Talaor, Sanguey, Nanuse, Mindanao, Celebes, Borneo, Bahalatolis, Tambisan, Sulu,Toolyan E Labuan. Nabu Press, 2010.