Gianfredi Pietrantoni

“Uno scrittore a caccia di ambienti, personaggi e storie”, così Matteo Codignola definisce Georges Simenon nella post fazione di A margine dei meridiani, che raccoglie articoli scritti fra il 1933 e il 1939: Il paese del freddo (1933), Il misterioso dramma delle Galápagos (1935), Tahiti o I gangster nell’arcipelago degli amori (1935), A margine dei meridiani (1935), Panama, ultimo crocevia del mondo (1939), con un ricco corredo di fotografie scattate dallo scrittore.
C’era «qualcosa» che Simenon cercava quasi ossessivamente, nei suoi viaggi. Storie, atmosfere, personaggi lontani da lui, certo. Ma non solo. E forse a metà del suo giro del mondo, nel 1935, quel qualcosa – il segreto per passare dalla magnifica narrativa in bianco e nero dei primi anni a quella che sarebbe venuta dopo, in cui il colore avrebbe finito per prevalere – lo trovò dove nemmeno lui avrebbe creduto: negli orizzonti perduti di quelli che ancora si chiamavano mari del Sud. Di cui questi testi, e queste fotografie, raccontano tutto l’incanto, e la malattia.
A margine dei meridiani, di Georges Simenon, Adelphi
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