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Di esplosioni e integrazione: uomo e natura a Lanzarote

Testo e fotografie di Barbara Brollo

Lanzarote è una delle sette isole maggiori che compongono le Canarie. È la più nord-orientale dell’arcipelago, la più “vicina” all’Europa continentale e allo stesso tempo una delle isole con i paesaggi più peculiari, tanto da sembrare “un altro pianeta”.

Le “Montagne di fuoco” del parco nazionale di Timanfaya

L’origine vulcanica accomuna tutte le isole della Macaronesia, ma è sicuramente Lanzarote l’isola dove i vulcani ricoprono la maggiore importanza, anche al giorno d’oggi. Qui, infatti, una serie di eruzioni molto copiose, anche in epoca più moderna, tra il 1730 e il 1736, hanno segnato il paesaggio, già di per sé profondamente marcato dalla presenza lavica.
L’area coinvolta da questi episodi è oggi un parco naturale, il parco nazionale di Timanfaya. Si estende per circa 50 kmq, occupando una porzione considerevole della parte sud-occidentale dell’isola. I villaggi, i campi e i pascoli che c’erano in precedenza hanno lasciato spazio a coni vulcanici e detriti lavici sui quali tutt’ora crescono solo licheni, non altre forme vegetali più complesse. Il paesaggio è reso particolarmente affascinante da decine di coni vulcanici e da forme e colori unici al mondo.

Le “Montagne di fuoco” del parco nazionale di Timanfaya

Un aspetto interessante è che nonostante le eruzioni non si siano più ripetute e la zona venga considerata sicura per le migliaia di visitatori che la affollano ogni anno, l’attività vulcanica non è cessata. A pochi metri sotto la superficie calpestabile il terreno raggiunge temperature molto molto elevate. Ne è testimonianza un elemento molto curioso: sulla cima di una delle “montagne di fuoco” che costituiscono il parco è stato costruito un ristorante che sfrutta una griglia posta al di sopra di un pozzo profondo qualche metro da cui esce aria a temperatura tale da permettere di cucinare le pietanze.

Questa curiosa attrazione è opera dell’ingegno di uno dei cittadini più celebri dell’isola: l’artista, architetto, urbanista Cesar Manrique. Nasce ad Arrecife, capitale dell’isola, nel 1919. Studia architettura, viaggia per il mondo, ma poi torna nella sua amata Lanzarote. E’ molto appassionato dell’architettura locale tradizionale e costruisce la sua abitazione con un progetto che esalta il rapporto uomo-natura, inserendo le stanze principali all’interno di bolle magmatiche.

La casa di Cesar Manrique, costruita sopra e dentro i resti di una colata lavica

Oltre alla ricerca architettonica in ambito privato, Manrique si è appassionatamente speso in ambito di tutela del paesaggio. Nella seconda metà degli anni Sessanta, le isole Canarie vivono infatti un rapido e intenso processo di urbanizzazione a fini turistici, che lascia costruzioni imponenti in aree di grande pregio naturalistico e paesaggistico. A questo tipo di sviluppo si oppone con forza e veemenza Cesar, che ha fatto sentire con manifestazioni e dichiarazioni la sua posizione contraria alla speculazione immobiliare e al processo di banalizzazione, architettonica e culturale, che queste attività comportavano.

Anche grazie al suo lavoro, nel 1993, l’isola è stata dichiarata Riserva della Biosfera dall’Unesco. La particolarità di questa dichiarazione è che comprende tutta la superficie dell’isola, inclusi i nuclei abitati, pratica non comune nella protezione di altre riserve. Questo è dovuto al particolare grado di “fusione” tra esseri umani e territorio, in un equilibrio tra delicato ed ancestrale, elegante e viscerale, nel tempo regolamentato da precisi piani urbanistici che lo tutelano.

Vigneto di Malvasia vulcanica nella località di La Geria

Un’altra peculiarità del paesaggio dell’isola che testimonia l’ingegnoso approccio degli esseri umani alla terra e alle sue risorse è la tecnica di coltivazione della vite. A Lanzarote, infatti, si producono grandi quantità di Malvasia, dal peculiare vitigno autoctono di tipologia vulcanica. I vigneti, concentrati soprattutto nella zona di La Geria, nella parte centro-meridionale dell’isola, sono coltivati con un metodo molto particolare: si costruiscono diversi muretti semicircolari, ognuno dei quali circonda e protegge una vite che cresce all’interno di una buca poco profonda e si sviluppa in orizzontale più che in altezza. I muretti sono necessari a proteggere le piante dal vento, elemento atmosferico presente spesso con molta forza data l’ubicazione oceanica dell’arcipelago canario. La loro funzione è molto pratica, ma allo stesso tempo contribuiscono a creare un altro elemento di unicità del paesaggio di questa isola tanto particolare.