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Ermanno Stradelli, il più grande esploratore italiano dell’Amazzonia (1879 – 1889)

Nell’Ottocento l’Africa fu, senza dubbio, la meta preferita di esploratori e viaggiatori, ma l’attenzione si rivolse anche ad altri continenti, dove vaste aree rimanevano ancora scarsamente conosciute come la foresta Amazzonica. Tra i numerosi Italiani che contribuirono alla conoscenza dell’America meridionale troviamo il conte Ermanno Stradelli (1852-1926), esploratore di nobile famiglia, interessato alle scienze naturali, alla farmacia, alla geografica, alla topografia ed alla fotografia; conoscenze che gli tornarono utili per i suoi viaggi.

Nel giugno del 1879 Stradelli si recò per la prima volta in Sud America. Raggiunse Belém, la porta dell’Amazzonia, e da lì proseguì per Manaus, base di tutte le spedizioni all’interno della foresta. Soggiornò a lungo nella zona del Rio delle Amazzoni, risalendo tra il 1879 e il 1889 i principali fiumi: il Rio Purus, il Rio Negro, il Rio Branco e il Rio Vaupés.

 Nel corso di questi anni instaura una relazione sempre più stretta con le culture indigene, impara la loro lingua e le loro tradizioni e fu il primo a fotografarli nel proprio habitat, nella foresta dove vivono e lavorano. Fu un pioniere anche nello sviluppare le fotografie ‘sul campo’; ovvero nella foresta Amazzonica. Di seguito un brano di Stradelli sulle tecniche fotografiche da lui utilizzate:

«Colla fotografia fu più difficile; e se non era un caso fortuito che mi fece ottenere di poterli ritrarre, non vi serei mai riescito. Mi servivo dell’incomodo processo al collodio e fissavo al cianuro. In Jauareté, dove ero giunto senza aver potuto tirare la fotografia di un solo Indiano, per quanto avessi fotografato i frati e i loro discepoli in tutte le maniere possibili, montai la tenda che mi serviva da gabinetto oscuro vicino alla casa del tuxàma Mandù, e presi le vedute della cascata del villaggio. La mattina dopo il mio tuxàua viene e mi domanda veleno per le formiche. Protesto che non ne ho. Egli mi dice rotondamente che mento; m’inquieto, e allora lui mi conduce dove il giorno prima avevo montato la tenda, e là sul luogo, con un gesto grandioso, da melodramma, mi indica il campo seminato di morti. […] Il caso aveva voluto che montassi senza accorgermi, il gabinetto scuro sopra un formicajo, e naturalmente, dove il cianuro era giunto, aveva fatto il suo dovere. Avevo già fatte le fotografie che desideravo e non volevo privarmi del cianuro, di cui no possedevo troppa quantità; quando mi balenò un’idea […]. Stradelli in cambio della soluzione di cianuro da utilizzare come veleno per le formiche ottenne di fotografare molti gruppi di persone. Questo fu tutto lavoro perduto. Stradelli aveva posto tutti i clichès in una cassetta che fu visitata dai copins (insetti tropicali) le cui secrezioni corrosive pulirono tutta la superficie impressionata ed emulsionata, rovinandola completamente». (Stradelli, op. cit., pp. 443-444).

Presso l’Archivio fotografico della Società Geografica Italiana sono conservate diverse interessanti immagini dell’Amazzonia (Rio Negro, Rio Branco, fiume Acre, fiume Purús, Manaus) utilizzate da Stradelli non solo come fonte di documentazione, ma anche come mezzo per reperire i fondi necessari al finanziamento delle sue spedizioni.


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