
Nella lotta alla pandemia da virus SARS-CoV-2/Covid-19 tutte le istituzioni nazionali ed internazionali hanno da tempo sostenuto l’importanza di non dimenticare l’Africa. Principalmente, per non lasciare circolare il virus in un continente con cui l’Europa e l’Asia hanno importanti interessi e collegamenti. Da qui l’importanza di conoscere la reale circolazione del virus, che non può essere monitorata con la ricerca di diagnostica clinica molecolare (PCR) o antigenica del virus stesso nella mucosa nasale, ma che richiede la ricerca di anticorpi anti-SARS-CoV2 nel sangue: in termini di sanità pubblica si usa il termine di campagne di sieroprevalenza, attraverso cui conoscendo in una popolazione quanti individui hanno nel loro siero gli anticorpi specifici per il virus, si può calcolare la circolazione virale.

L’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale ha finanziato alcuni progetti di “emergenza” per contribuire alla lotta al Covid-19 in Africa. A N’Djamena, capitale del Ciad nell’Africa Centrale, è stato attivato nel settembre del 2020 il laboratorio Grandi Epidemie Tropicali (LAGET) nel Policlinico universitario Le Bon Samaritain. Il LAGET è un laboratorio di analisi biomediche utilizzato come strumento di lotta al Covid-19 e, insieme, come centro di ricerca e monitoraggio per le malattie tropicali – come la malaria, la tubercolosi, l’AIDS-HIV, le epatiti, la Chikungunya – che continuano a mietere vittime.

La Società Geografica Italiana ha ottenuto alcuni fondi dal Programma 8/1000 della Tavola Valdese Italiana che hanno permesso di contribuire alla realizzazione di due indagini sierologiche per valutare la circolazione del SARS-CoV2 nella città di N’Djamena (1° campagna di sieroprevalenza, Agosto-Ottobre 2021) e in altre 10 province periferiche del Ciad (2° campagna di sieroprevalenza, Agosto-Ottobre 2022). Le due campagne si sono svolte in stretta collaborazione con la task force, istituita dal Ministero della Sanità Pubblica ciadiano in risposta al Covid-19, che ha facilitato l’ottenimento dell’autorizzazione amministrative del Ministero della Salute e della Prevenzione del Ciad, e il parere positivo del Comitato Etico Nazionale. Hanno collaborato alle due campagne i vari laboratori dei 10 ospedali di N’Djamena e delle 10 regioni o province del Ciad. Il Progetto si è svolto in stretta collaborazione con il Movimento Azione dei Gesuiti Italiani per lo Sviluppo (MAGIS) che collabora da tempo con il Policlinico Universitario Bon Samaritain, con la Cattedra UNESCO di Biotecnologia e Bioetica dell’Università di Roma Tor Vergata e con l’Istituto per iSistemi Biologici del Consiglio Nazionale delle Ricerche.

Le due campagne di sieroprevalenza hanno utilizzato come kit diagnostico per l’identificazione degli anticorpi contro la Nucleoproteina di SARS-CoV2 quello prodotto dallo spin-off dell’Università di Urbino Diatheva, basato sulla tecnica immuno-enzimatica (ELISA). Il personale tecnico del LAGET ha avuto una formazione specifica sull’utilizzazione del kit, e sull’analisi dei dati permettendo l’identificazione dei campioni positivi o negativi. Anche i tecnici di laboratorio dei 20 ospedali coinvolti sono stati formati per un corretto prelevamento e trasporto dei campioni al LAGET cosi come per la compilazione della scheda/partecipante e del consenso informato. I dati ottenuti hanno sorprendentemente evidenziato una sieroprevalenza del 70% nella prima indagine svolta nel 2021 a N’Djamena e di oltre il 90% nella seconda indagine, nel 2022, che ha coinvolto le 10 regioni del Ciad Ciò dimostra che il virus SARS-CoV2 ha circolato molto facilmente in Ciad, ma con una minima morbilità e mortalità. Infatti, secondo i dati dell’OMS sul Covid-19, l’Africa registra il 3% dei contagi clinicamente infettivi mondiali: un impatto meno devastante rispetto a quanto previsto a inizio pandemia. Le ipotesi sulla minore mortalità dovuta al virus del Covid sono diverse: il clima caldo, la giovane età della popolazione e la sua immuno-resistenza naturale al virus, la scarsa densità abitativa nelle zone rurali e la ridotta mobilità all’interno del Paese. Il dato epidemiologico che la zona saheliana sia la meno colpita da Covid-19 potrebbe essere dovuta, anche, ad una maggiore capacità di regolare lo stimolo infiammatorio indotto dal virus nel polmone. La presenza di polvere e di sabbia che fin da piccoli gli africani di questa zona inalano nel polmone potrebbe aver indotto una maggiore capacità di controllo della risposta infiammatoria. L’arrivo del virus, che induce infiammazione polmonare, è quindi compensato da una maggiore attività antinfiammatoria sviluppata”.

Sabrina Atturo, Responsabile Progetti MAGIS
Giulia Cappelli, PhD, Istituto per i Sistemi Biologici del CNR, Centro Relazione con l’Africa, Società Geografica Italiana
Vittorio Colizzi, MD, PhD, Professore di Immunologia, Centro Relazione con l’Africa, Società Geografica Italiana, Cattedra UNESCO di Biotecnologie e Bioetica, Università di Roma Tor Vergata
Laure Deutou, PhD, Assistente Università Evangelica del Camerun.