Antonella Rinella
Pietro Scarnera, Viaggio in Italia, Roma, Coconino Press, 2024
Nella disciplina geografica, la letteratura di viaggio e la pittura paesaggistica sono considerate come fonti bibliografiche indispensabili al fine di descrivere e interpretare contesti spazio-temporali passati per i quali mancano altri documenti di indagine (come le fotografie – che si diffondono rapidamente nella seconda metà dell’Ottocento – e le riprese documentaristiche – disponibili dall’inizio del XX secolo –). In particolare, tra il XVII e il XIX secolo i testi odeporici e i dipinti paesaggistici risultano quanto mai abbondanti come diretta conseguenza del diffondersi tra artisti e intellettuali europei della moda del “Grand Tour”, la cui definizione mette bene in evidenza sia la lunghezza del viaggio sia la sua organizzazione in tappe, molte – se non tutte – riguardanti l’Italia.
Possiamo affermare che con il graphic novel “Viaggio in Italia” (edito nel 2024 per i tipi della casa editrice Coconino Press, 301 pp.), Pietro Scarnera – classe 1979, docente alla Scuola internazionale di Comics di Milano e vincitore nel 2016 del Prix Révélation al festival di Angoulême con il fumetto “Una stella tranquilla. Ritratto sentimentale di Primo Levi”–, attraverso il linguaggio della “nona arte”, per sua natura “anfibio” perché si nutre di parole e disegni, sintetizza in maniera efficace e immediata un numero impressionante di fonti letterarie e pittoriche legate a soggiorni nel “Belpaese” dal 1786 (data d’inizio del “Viaggio in Italia” di Johann Wolfang von Goethe) fino agli anni Trenta del XX secolo. Attraverso le sue vignette di dimensione e forma regolari, che consentono immediatamente di riconoscere i luoghi e i viaggiatori illustri grazie allo stile non iconico essenziale, al sapiente uso di colori tenui e piatti e alla prevalenza delle immagini sulle parole, possiamo percorrere in lungo e in largo lo “stivale” (fermandoci a Roma, Venezia, Padova, Napoli, Milano, Palermo, Ravenna, Firenze, sulla costa ligure e lungo il lago di Garda, tra le colline toscane, ecc.) e scoprire quelle che il geografo Angelo Turco chiamerebbe le emozioni “configurative” (generate dall’intima interazione dell’individuo con il luogo in cui è immerso) di Goethe, Stendhal, Lord Byron, John Keats, Joseph Severn, Mary e Percy Shelley, Edward John Trelawny, Jean-Baptiste Camille Corot, Nikolay Gogol, Hans Christian Andersen, Alexander Dumas padre, Fëdor Dostoevskij, per poi affacciarci nel Novecento incontrando Virginia Woolf, Ernest Hemingway, Aldous Huxely, David Herbert Lawrence (con le interessanti annotazioni di quest’ultimo riguardanti l’entroterra sardo, meta più unica che rara nei viaggi dell’epoca). Due esempi ben evidenziano quante suggestioni e ispirazioni fornisse l’Italia agli intellettuali e artisti del passato: il primo è relativo alle visioni oniriche basate sul desiderio di visitare Roma di Sigmund Freud, il quale in proposito dichiara: “in tutti questi sogni è ovvio che sto cercando invano di vedere una città che non ho mai visto nella mia vita da sveglio” (p. 32); il secondo riguarda invece Richard Wagner, al quale, dopo essere giunto stremato a La Spezia, un agitato dormiveglia disvela l’ouverture orchestrale per “L’oro del Reno” (pp. 245-247), dramma che inaugura la tetralogia “L’anello del Nibelungo”.
Le narrazioni novecentesche, invece, evidenziano che la stagione del “Grand Tour” è ormai tramontata e che nel ventennio fascista l’Italia non è più accogliente come nei due secoli precedenti: in particolare Virginia Woolf, la quale nel 1933 si trova a San Terenzo (Lerici), luogo in cui nel 1822 trovò la morte in mare Percy Shelley, afferma: “L’Italia fascista non mi piace per niente” (p. 166); allo stesso modo Aldous Huxley, il quale nel 1925 aveva subito una perquisizione nella sua abitazione sulle colline toscane da parte della polizia del regime (in cerca di Gaetano Salvemini, reo di aver scritto contro il governo), sottolinea che “l’Italia al momento è uno dei Paesi più tristi del mondo” (p. 165).
Come illustra Pietro Scarnera nella postfazione, i racconti odeporici scelti sono soltanto una parte di quelli che ha avuto modo di esplorare e condividere con i lettori e le lettrici nella newsletter https://pietroscarnera.substack.com, volutamente circoscritti a viaggiatori per i quali l’Italia ha rappresentato un topos ricco di philia, motore di un cambiamento esistenziale profondo. Si spiega così la scelta del titolo, che riprende quello del diario di Goethe, nonché la presenza in copertina della sagoma di Mary Shelley e delle violette, che erano i fiori più amati da John Keats. Quest’ultimo muore di tubercolosi il 23 febbraio 1821 a Roma (città nel cui Cimitero Acattolico riposano le sue spoglie), mentre Mary Shelley, che visse in Italia per ben nove anni, vede spirare la figlia Clara a Venezia nel 1818, il figlio William a Roma l’anno dopo e, infine, il marito Percy nel 1822 (sepolto, come Keats, nel Cimitero Acattolico di Roma). Nonostante ciò, nel 1840 la scrittrice ritornerà in quello che definisce “amato e benedetto Paese” (p. 266) assieme al figlio Percy (nato a Firenze cinque mesi dopo la morte del piccolo William), affermando: “lì ho lasciato le spoglie mortali dei miei cari … di mio marito e dei miei bambini. La loro perdita ha cambiato la mia intera esistenza. Eppure, ancora adesso il nome dell’Italia ha magia nelle sue stesse sillabe. La speranza di rivederla richiama limpido alla mia memoria quel tempo … quando la sventura sembrava una parola vuota. E la mia dimora sulla terra era un rifugio sicuro, che nessun male poteva scuotere” (pp. 177-178). Infine, nella quarta di copertina Pietro Scarnera riporta le parole di Hans Christian Andersen (“Ma no, non puoi veramente capire. Dovresti essere qui”), che chiudono una sua lettera scritta a Napoli, città di cui lo scrittore coglie in profondità l’essenza superando lo sterile esotismo di molti suoi contemporanei, comprendendo con disappunto che nessun racconto potrà mai sostituire l’efficacia dell’osservazione diretta, perché è necessario “indovarsi” per comprendere il milieu locale.
Esplorando questo graphic novel incontriamo anche le annotazioni relative a diversi viaggi compiuti dal fumettista, spesso dedicate ai paesaggi osservati lungo l’autostrada A14 (attraversata da Nord a Sud e viceversa sia da bambino, assieme alla sua famiglia durante i periodi di vacanza, sia negli anni più recenti per i suoi spostamenti lavorativi), annotazioni che creano affascinanti flashback e flashforward nell’ambito della trama complessiva, facendo da contrappunto ai racconti del passato e offrendo spunti di riflessione su temi e problemi contemporanei. Ad esempio, in queste sezioni autodiegetiche dell’opera possiamo vedere l’autore: a) entrare nel circolo Arci “Porco Rosso” di Palermo, dove esiste lo sportello Sans-Papiers che accoglie i migranti (i nuovi viaggiatori del nostro tempo, che non lasceranno lettere o diari di viaggio scritti, ma soltanto “le telefonate, le videochiamate, i messaggi nelle chat, le foto … depositati in qualche server, chissà dove, quanto dureranno?” – p. 79); b) scrutare nei pressi del “mare a quadretti” (le risaie tra Novara e Vercelli) le “strane strutture” delle ex centrali nucleari “Enrico Fermi” e “Livorno Ferraris”, accennando alla scottante questione dello stoccaggio delle scorie radioattive (p. 133); c) partire da Venezia mentre scatta l’allarme per l’acqua alta, fermandosi a riflettere sulla delicatezza dell’ecosistema lagunare il quale, nonostante dal 2019 sia difeso dal MOSE, è ancora esposto ai pericoli dell’erosione, dei cambiamenti climatici, dello spopolamento (p. 198); d) sostare a Portovesme di fronte ai 180 ettari di scarti tossici ubicati nei pressi della costa, interrogandosi circa il dilemma “diritto al lavoro/diritto alla salute” (pp. 107-108) che sembra destinato a rimanere senza risposta in molte aree industriali inquinate del nostro Paese.
Nell’ultima sezione del fumetto possiamo viaggiare anche nel futuro, attraverso due distopie, “Tra migliaia di anni” di Hans Christian Andersen e “L’ultimo uomo” di Mary Shelley, con l’illustrazione di alcuni passi dedicati al paesaggio di una Roma apocalittica (ma forse non troppo …). Infine, Pietro Scarnera conclude la sua opera con una utopia autodiegetica ambientata nel 2222: senza svelare la trama di questo breve, intrigante racconto sci-fi, mi limito soltanto a ricordare che, riprendendo una metafora di Plinio il Vecchio, il quale considera il Belpaese “come un grembo aperto”, proteso “verso il mare come per aiutare e accogliere gli uomini” (p. 291), il fumettista sembra auspicare l’avvento un’Italia finalmente solidale nei confronti di ogni cittadino del mondo; un contesto spazio-temporale, purtroppo, profondamente diverso da quello attuale, che speriamo possa presto diventare realtà.
Viaggio in Italia di Pietro Scarnera, Roma, Coconino Press, 2024