Antonella Rinella
Recensione dei graphic novel
“Nella musica del vento. Lontano non esiste” (vol. I, 2024)
“Nella musica del vento. All’ombra di nessun dio (vol. II, 2025)
di Giovanni Robustelli e Marco Steiner (Cong Edizioni)
L’incontro tenutosi nell’aula “Giuseppe Dalla Vedova” martedì 20 maggio alle ore 11 è stato l’entrée di benvenuto perfetta per la sedicesima edizione del Festival della Letteratura di Viaggio, promosso dalla Società Geografica Italiana, che si terrà alla fine di settembre 2025 come annunciato nel saluto d’apertura da Claudio Bocci, presidente dell’Associazione Cultura del Viaggio che ne cura la realizzazione. Una entrée perfetta perché incentrata sull’opera odeporica a fumetti fresca di stampa di Marco Steiner, noto per la trasposizione in chiave letteraria dei capolavori di Hugo Pratt (come “Una ballata del mare salato” e “Corte Sconta detta Arcana”), che si cimenta ora nel ruolo inverso, trasformando il suo omonimo romanzo d’avventura edito da Salani nel 2021 in due graphic novel (“Nella musica del vento. Lontano non esiste” – vol. I, 2024 – e “Nella musica del vento. All’ombra di nessun “dio” – vol. II, 2025) disegnati da Giovanni Robustelli e pubblicati da Cong, casa editrice fondata nel 1983 da Pratt, la quale gestisce e promuove tutta l’eredità artistica del Maestro, di cui quest’anno ricorre il trentennale della morte.
Assieme ai relatori Claudio Oreste Menafra, Piero Melati e Riccardo Capoferro, i due autori hanno illustrato la costruzione di questo dittico e dell’opera letteraria antecedente, basata sui numerosi viaggi compiuti da Steiner nella Terra del Fuoco e sulle sue approfondite ricerche inerenti al periodo storico dell’ambientazione scelta, a cavallo tra fine Ottocento e inizio Novecento. A tal proposito, alla fine del primo volume lo scrittore sottolinea come l’idea del romanzo deriva da una serie di conversazioni avute con Hugo Pratt, mentre il suo personaggio principale, il gallese Morgan Jones, venuto al mondo nel 1887 durante una traversata oceanica verso la Patagonia (simile a quella reale del piroscafo Mimosa che nel 1865 portò una comunità gallese di 150 persone a stabilirsi nella Chubut Valley), è frutto del suggerimento di un altro grande fumettista, Vittorio Giardino, che lo aveva invitato a scrivere la storia di un eroe negativo, di un “bastardo vero” (cfr. p. 143 vol. I).
Morgan Jones (le cui sembianze fisiche si ispirano ad una foto segnaletica d’epoca di un bandito osservata da Steiner sulla Ruta 40), poco più che adolescente, vive tre anni in totale solitudine nella pampa argentina, dove “non ci sono filari d’alberi per l’ombra, campi di grano per dormire, mele da mordere, fonti per dissetarsi. Questa è la fine del mondo. Non si torna indietro da queste terre, si va solo in fondo” (p. 12 vol. I). L’istinto di sopravvivenza trasforma Morgan in una bestia selvatica che si nutre di bacche, cortecce, vermi e cavallette, fino all’incontro con bestie più esperte di lui: un gruppo di banditi che lo conduce da Butch Cassidy a Cholila. Morgan inizia così la sua vita da “bastardo vero”, pronto a macchiarsi di indicibili nefandezze, dalle rapine efferate in banca fino alla crudele uccisione degli indios mapuche nel Fortín Chacabuco a Bariloche, restando sempre totalmente indifferente alle sofferenze che infligge. Durante il viaggio verso sud in sella al suo cavallo Asaw, ferito a morte nella subregione del Chubut viene salvato da una tribù nomade tehuelche grazie alle cure di una vecchia sciamana e della giovane Aike. In questo periodo catartico, come ricorda Morgan, “i tehuelche mi insegnarono a percepire il sospiro del vento e a distinguere il canto degli uccelli. Con i tehuelche imparai ad ascoltare la natura” (p. 72 vol. I).
Tornato nel Fortín Chacabuco a Bariloche, Morgan trascina la sua esistenza di triste mandriano, non più capace di uccidere gli indios, fino all’incontro con Maria, prostituta polacca, figura che consente a Steiner di introdurre un altro capitolo importante del contesto storico fuegino a cavallo tra il XIX e il XX secolo dopo il tema del genocidio degli indios: quello della tratta delle bianche, condotte dall’Europa in Argentina con l’inganno e ridotte in schiavitù. Di qui in poi, le nuove avventure per terra e per mare nella penisola di Mitre (dove Morgan trova “la porta dell’inferno. Quello è il sud di tutto, là tutto finisce” – p. 5 vol. I) e nel canale di Beagle (in cui Steiner ha realmente navigato in barca a vela), che occupano la parte finale del primo volume e tutto il secondo fumetto, vedranno al fianco di Morgan, sostenuto nel finale dall’aiuto degli indios, la caparbia co-protagonista femminile, la quale cela nel suo passato un segreto che si appaleserà nelle tavole conclusive del racconto.
L’ottica postcoloniale abbracciata da Steiner in quest’opera fiction, fortemente ancorata a reali riferimenti storici e geografici, è confermata dalla nota che chiude il secondo volume, intitolata “Per saperne di più” (pp. 120-127), in cui l’autore riporta alcune fonti relative al genocidio degli indios e alla tratta delle bianche, dimostrando come i graphic novel postmoderni possano favorire “la costruzione nella comunità di lettori di una forma di partecipazione etica e pre-politica alle questioni sociali”[1].
La frase “la pampa ti accompagna, assorbe ricordi, fantasie, mostri e li lascia liberi di andare. E tu cambi, diventi come lei, lo spazio possibile”, che compare sia nel primo (p. 6) che nel secondo volume (pp. 113-114), conferma chi sia la vera “primadonna” di questi due fumetti in cui, fin dalle prime vignette, la china nera ora densa ora acquerellata dell’artista Giovanni Robustelli, alla prima esperienza (riuscita alla perfezione) come disegnatore di fumetti, riproduce plasticamente l’eternità selvaggia e l’alterità naturale impermeabili ai cambiamenti umani della Patagonia che, come ha sottolineato Riccardo Capoferro durante la presentazione, è ancor oggi una sub-regione poco conosciuta e metabolizzata dall’immaginario collettivo europeo. Nei due graphic novel la pampa, che Morgan descrive come una terra dura che “non vuole essere calpestata da chi ha violato e ucciso esseri umani che vivevano in armonia…” (p. 7 vol. I), è rappresentata come teatro di vita di figure reiette, di popoli perduti, di genocidi silenti. Alla griglia regolare composta da tre strisce di due vignette ciascuna, dedicate in genere ai dialoghi tra i personaggi e ai primi piani dei loro volti, Robustelli alterna sezioni più ampie o intere splash page dominate da scenari naturali terrestri e marini di incredibile potenza immersiva (cfr. pp. 13, 55, 130 vol. I e pp. 10, 87, 113 vol. II) battuti dalla forza indomabile di quel vento onnipresente (cfr. pp. 6-10 vol. I) che Morgan coglie anche negli occhi di Maria (p. 11 vol. I).
Come ha sottolineato Marco Steiner a conclusione dell’incontro, il dittico “Nella musica del vento” può essere considerato come un “inno all’ascolto dell’altro e della natura”: un ascolto quanto mai necessario nel contesto geopolitico ed ambientale contemporaneo.
[1] Favaro Alice (2018), “Nota per uno studio sulle forme di rappresentazione delle mutazioni sociali nel fumetto: disuguaglianza ed emigrazione”, in Alice Favaro, Irene Incarico (a cura di), Eurofumetto e globalizzazione. Studi su graphic novel e linguaggi dei comics, La Spezia, Cut-up Publishing, p. 151.
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