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Paesaggi condivisi. La geografia come pratica di partecipazione attiva per le comunità locali

di Elena Dai Prà e Chiara Lo Destro

rispettivamente responsabile e assegnista del Centro geo-cartografico di studio e documentazione

15 aprile 2025

Lungi dall’essere una disciplina statica, oggi la geografia si configura come un campo di ricerca dinamico, interdisciplinare e fortemente connesso alla realtà concreta, che si predispone non solo come strumento di analisi ma anche come pratica di partecipazione attiva. In questo senso, la geografia partecipata si presenta come strumento capace di coinvolgere direttamente le comunità locali nella costruzione della conoscenza del territorio. Questa metodologia si fonda sul presupposto che il paesaggio non sia solo un elemento da studiare, ma un tessuto vivente, fatto di relazioni, memorie e identità.

Un esempio concreto dell’evoluzione dinamica della disciplina si trova nei lavori del Centro geo-cartografico di studio e documentazione (Geco), che spesso coniugano la geografia storica con le potenzialità dei Sistemi informativi geografici (Gis). L’applicazione di questi ultimi consente di visualizzare, analizzare e interpretare dati spaziali in modo interattivo. Tra le varie potenzialità, i Gis consentono di georeferenziare cartografia e fotografia storica, sovrapponendo informazioni provenienti da diverse epoche e facilitando l’analisi dei cambiamenti territoriali nel tempo. Questa integrazione permette di sovrapporre visivamente il paesaggio passato a quello presente, identificando, ad esempio, cambiamenti nelle reti insediative, nelle linee di confine o nell’uso del suolo. In questo modo, i Sistemi informativi geografici arricchiscono la ricerca geostorica, rendendo il territorio un racconto visibile e diacronicamente analizzabile. Non ci si limita infatti alla mera ricostruzione cronologica dei luoghi, ma ci si impegna a interpretare i significati di tali cambiamenti in un contesto più ampio, che tiene conto delle dinamiche sociali, economiche e culturali. Questo approccio è fondamentale per comprendere le trasformazioni del territorio e il loro impatto sulle comunità locali.

Nell’ambito dell’evento internazionale che ogni anno catalizza l’attenzione dei geografi accademici – la Notte della Geografia (GeoNight) – il Dipartimento di Lettere e Filosofia di UniTrento ha proposto i primi risultati di una ricerca geografico-storica avviata dal Centro geo-cartografico di studio e documentazione, in collaborazione con il settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio. L’iniziativa, intitolata “Noi siamo paesaggio. Geostoria visuale e partecipata nelle Valli di Peio e Rabbi”, è stata promossa anche grazie al sostegno dell’Associazione italiana Insegnanti di Geografia – sezione Trentino-Alto Adige – e la Società geografica italiana. Tappa di un percorso progettuale pensato per valorizzare e raccontare i paesaggi e i territori delle Valli di Peio e di Rabbi tramite l’organizzazione di diversi incontri partecipativi aperti alle comunità locali, in un’ottica di coinvolgimento, restituzione e dialogo tra ricerca accademica e cittadinanza. I concetti di prossimità e apertura alla società locale, e più in generale di geografia partecipata, sono infatti il motore trainante dell’approccio adottato nel progetto, il quale rappresenta solo una delle più recenti attività di ricerca geostorica applicata promosse dal Geco.

I partecipanti hanno avuto modo di prendere parte attivamente alla georeferenziazione di foto, cartoline e iconografie storiche all’interno di un portale interattivo. Questo processo ha permesso di confrontare le immagini del passato con l’aspetto attuale dei luoghi, stimolando riflessioni e considerazioni spontanee circa le cause e gli effetti dell’evoluzione del territorio nel tempo. Attraverso tale metodologia, nel rispetto del principio della terza missione, la geografia storica si fa strumento di narrazione collettiva. I ricordi personali, le storie di famiglia, le micronarrazioni orali si intrecciano infatti con l’analisi spaziale e la documentazione storica, generando una lettura corale del territorio. Il paesaggio smette così di essere solo sfondo e si fa protagonista.

Questa pratica di geografia partecipata ha un’importante ricaduta sociale e culturale. Da un lato, consente di recuperare e preservare un patrimonio culturale immateriale che rischia di essere dimenticato, come le tradizioni legate all’uso del suolo, la toponomastica locale e le fonti orali. Dall’altro, facilita il coinvolgimento diretto dei cittadini nella costruzione della conoscenza storica, facendo loro assumere un ruolo attivo e consapevole nella programmazione dei territori del futuro.

L’approccio adottato dal Geco rappresenta un modello di come la geografia storica applicata, combinata con i Gis e il coinvolgimento delle comunità locali, possa restituire al territorio una lettura ricca e multidimensionale. In questo senso, la geografia diventa un ponte tra il passato e il presente, capace di costruire una conoscenza condivisa e collettiva, che guarda al futuro con maggiore consapevolezza e responsabilità, abile nel raccontare, comprendere e “vivere” il patrimonio naturale e culturale del territorio.